Via Roma, 51 - 23030 Cepina (SO)
Sul finire del Medioevo quasi ogni villaggio del Bormiese si dota di una chiesa.
Quella di Santa Maria di Cepina viene fondata nel 1356, ma fra Quattro e Cinquecento viene già rimaneggiata per rispondere alle crescenti esigenze della popolazione; la stessa loggia in controfacciata, sorretta da possenti colonne, risponde all’esigenza di rendere più capiente l’edificio.
Risale a questa seconda stagione l’affresco sopra il bel portale in granito locale: una Trinità in lunetta tra i Santi Gervasio e Protasio, opera di un pittore dai modi un po’ attardati ma graditi alla committenza locale (1498). In parallelo si affacciano in zona correnti artistiche più aggiornate e attente ai contenuti dottrinali. Ne è prova il magnifico Flügelaltar (altare con le ali) di impronta tirolese, eseguito intorno al 1510-20 per il presbiterio della chiesa, al tempo fresca di ristrutturazione.
Si tratta di un’ancona munita di ante che venivano aperte solo nei giorni di festa, per mostrare le statue alloggiate nello scrigno, ovvero la Madonna col Bambino tra Santa Barbara e la Maddalena. Le ante non avevano però solo funzione di chiusura perché, essendo decorate fronte e retro, contribuivano a definire il contenuto religioso dell’altare. In questo caso sui lati interni compaiono la Presentazione di Maria al tempio e l’Assunzione, su quelli esterni l’Adorazione dei Magi derivata da una incisione di Albrecht Dürer.
Secondo tradizione sarebbe stata acquistata a Santa Maria in Val Monastero (Svizzera) quando col diffondersi del Protestantesimo le opere d’arte sacra venivano svendute, ma si tratta di una leggenda infondata. L’esistenza nel Bormiese di arredi di impronta nordica o tirolese si spiega con la documentata circolazione di maestranze di lingua tedesca, favorita dalla vicinanza ai passi alpini.
Nel Seicento l’edificio subisce ulteriori ampliamenti e nel 1744 l’ancona a sportelli viene rimossa per far posto a un altare in marmi policromi di nuova impostazione, che affida alla statua in marmo dell’Assunta (1753) il compito di richiamare l’intitolazione dell’edificio. È opera di Giovan Battista Adamo da Carona, esponente di una bottega ticinese molto attiva in Valtellina.
Accanto alla chiesa sorge un ossario settecentesco a tre arcate, di grandi pretese per una piccola comunità: per costruirlo gli abitanti di Cepina hanno sostenuto costi ingenti e organizzato questue di vino e grano in tutta la Valtellina. Il risultato è però sotto gli occhi, e la spettacolare cancellata, opera del fabbro Giuseppe Pini di Grosio (1725-27), consente di intravvedere gli affreschi di Alessandro Valdani (1739). In un angolo è esposto il vecchio tabernacolo in marmo locale datato 1579, opera del lapicida di Grosio Simone Sassella.
Dopo Cepina, il tracciato del Cammino mariano prosegue in direzione di Sondalo, percorrendo per diversi chilometri un territorio pressochè disabitato. Ma scopriremo che non è sempre stato così.





